mercoledì 27 giugno 2018

La battaglia di Altopascio

Mercoledì 27 Giugno 2018 - LUCCA

LA BATTAGLIA DI ALTOPASCIO

Era la fine dell’estate del 1325 e da lunghi giorni Castruccio Castracani, asserragliato nella Rocca del Cerruglio (odierna Montecarlo) passava le sue giornate controllando da lontano i movimenti dell’esercito inviatogli contro da Firenze che, entrato nei territori lucchesi, avanzava nella grande pianura acquitrinosa dove sorgeva Altopascio.
Castruccio si era rintanato lì con tutto il suo esercito appena giunta la notizia che il Generale Cardona, comandante in capo dei fiorentini, aveva varcato i confini della Valdera con lo scopo di distruggere rapidamente l’esercito lucchese.
Da anni Firenze mal sopportava l’ingerenza e la potenza di quel Ghibellino capace di minare la sua immagine e di limitarne la supremazia su tutta la Toscana e per cancellarlo dalla faccia della terra aveva messo in campo un esercito fortissimo dandolo in guida al generale spagnolo Raimondo di Cardona.
Castruccio sapeva bene che le sue forze erano nettamente inferiori e per questo restava ben asserragliato nelle sue difese lasciando che i Fiorentini causassero incendi e distruzioni in tutta la piana. Sapeva anche che il Visconti gli aveva promesso l’invio di un suo contingente di fortissimi cavalieri tedeschi che però tardavano ad arrivare. Per guadagnare tempo e tenere in allarme i fiorentini scelse l’arma della guerriglia: giornalmente faceva uscire gruppi di cavalieri che con rapide scorrerie portavano scompiglio nelle file dei Guelfi. Unico vantaggio dei lucchesi era quello di conoscere perfettamente il terreno che circondava la rocca: infido e malsano in quanto a quei tempi tutta la zona era coperta dalla grande palude di Fucecchio. Proprio la scarsa conoscenza del terreno fu il principale errore del generalissimo Cardona che scelse di porre il suo campo proprio al centro della palude nei pressi dell’abitato di Altopascio difeso da pochi soldati lucchesi.
Dopo un lungo assedio, nel corso del quale i fiorentini non mancarono di scagliare cadaveri in decomposizione all’interno delle mura degli assediati, il 25 agosto la cittadina dovette capitolare.
Castruccio, dagli spalti della Rocca del Cerruglio, vedeva il fumo degli incendi salire dalle mura di Altopascio e, con le lacrime agli occhi, sapeva di non poter intervenire in difesa di quel castello tanto noto ed amato dai pellegrini della Francigena perché sede di quei Cavalieri del Tau sempre disposti a sfamare ed aiutare i bisognosi. Purtroppo, le sue limitate forze lo obbligavano a restare rintanato lì attendendo li aiuti promessi dai suoi alleati.
Il 9 settembre il Cardona decise di spostare il suo campo verso una zona più salubre sul colle di Cercatoia posto fra Porcari e Montecarlo e Castruccio ne approfittò per scagliare il suo primo attacco che, il giorno 11, lo vide infliggere una prima sconfitta alle avanguardie fiorentine che furono costrette a ritirarsi. Poi, per ingannare i nemici ed arrestarne l’avanzata, fece in modo che nel campo fiorentino si spargesse la voce che alcuni paesi lucchesi stessero per ribellarsi al loro Signore. Il Cardona cadde nel tranello e, anziché avanzare ancora, si attestò in attesa di conoscere gli ulteriori sviluppi.
Nel frattempo, Azzone Visconti arrivò a Lucca a capo di 1500 cavalieri e, dopo una lunga trattativa economica cui pare intervenne anche la moglie di Castruccio le cui grazie avevano colpito il milanese, accettate le offerte economiche decise di raggiungere la Rocca del Cerruglio e di schierare il suo esercito con i ghibellini.
Ricevuti gli attesi rinforzi, Castruccio studiò immediatamente un astuto piano di battaglia e la mattina del 23 settembre dell’anno 1325 mosse contro il nemico.
Era una fresca mattina settembrina ed una fitta nebbia si alzava a lente volute dai canali del padule coprendo la luce del sole.  I due eserciti si muovevano in un terreno paludoso coperto di canneti e ricco di canali più o meno profondi che rendevano difficoltosi tutti gli spostamenti.  Lo scontro avvenne presso la chiesa di Badia Pozzeveri dove gli eserciti avevano preso posizione attendendo le rispettive mosse. Il Cardona ruppe gli indugi per primo e, seguendo uno schema di battaglia tradizionale lanciò la sua cavalleria centralmente contro lo schieramento nemico senza immaginare che potesse essere proprio ciò che voleva Castruccio. Infatti, dopo un primo scontro in cui i fiorentini parvero prevalere, Castruccio fece arretrare il suo esercito che aprendosi velocemente ben coperto dai moltissimi balestrieri, vera arma in più delle truppe lucchesi, creò una sacca in cui i cavalieri fiorentini rimasero intrappolati. Mentre cercavano di girare le loro cavalcature per aprirsi un varco Castruccio li attaccò con la sua cavalleria particolare cui si era aggiunta a quella di Azzone e in pochissimo tempo sbaragliò i fiorentini che si dettero ad una precipitosa fuga rifugiandosi presso il loro Carroccio. La battaglia si protrasse a lungo con fasi alterne ma fu proprio la scarsa conoscenza del terreno che, limitando i movimenti, impedì ai fiorentini di gestire le proprie forze che spesso finivano per sprofondare nelle sabbie mobili e nei fossi.  Alle prime ore del pomeriggio l’esercito fiorentino era in rotta e si era dato alla fuga inseguito dai lucchesi che senza alcuna pietà lo incalzavano da presso.
Unico passaggio per tornare a Firenze era l’attraversamento del ponte di Cappiano che Castruccio, astutamente, aveva fatto occupare dai suoi uomini sin dalla tarda mattinata proprio per chiudere ogni via di fuga. Qui si concluse il massacro: i guelfi di Firenze, senza più capi ed in piena rotta si trovarono chiusi fra la palude ed il fiume Usciano il cui passaggio era occupato dai lucchesi che non gli dettero scampo. Dopo un ulteriore scontro i fiorentini dovettero arrendersi alla superiorità dei ghibellini lucchesi e deposero le armi.
Quel giorno caddero oltre 15.000 soldati di Firenze fra cui molti giovani della miglior nobiltà e moltissimi furono i prigionieri fra cui lo stesso Cardona con tutto il suo stato maggiore.
Castruccio, non contento della grande vittoria, inseguì i pochi superstiti fin sotto le mura di Firenze dove pose il suo accampamento presso Peretola. Il suo progetto prevedeva l’assedio di Firenze sino all’arrivo dell’imperatore Lodovico il Bavaro di cui era amico ed alleato. Per divertire i suoi soldati e fare uno spregio agli assediati dette ordine che fossero corsi 3 palii sotto le mura di Firenze: uno corso da uomini a piedi, uno corso su somari, ed uno corso da meretrici. Dette pure ordine che proprio di fronte a Porta a Lucca fosse battuta moneta: il celebre Castruccino. I però giorni passavano monotoni e l’imperatore non arrivava mentre invece giungevano voci di un interessamento Papale alla causa fiorentina.  A questo punto vuoi per i motivi politici, vuoi per l’avvicinarsi della brutta stagione (nel medioevo difficilmente si combatteva nella stagione delle piogge) Castruccio ai primi di novembre tolse l’assedio e rientrò a Lucca. Il rientro in città avvenne nel giorno di San Martino, l’11 novembre, e Castruccio fu festeggiato con un “trionfo” come quelli riservati agli antichi imperatori romani. L’esercito lucchese entrò dalla Porta San Gervasio in parata, fra ali di popolo plaudente che spargeva petali di fiori mentre tutte le campane della città suonavano a stormo. Dopo l’esercito veniva una moltitudine di carri contenti l’enorme bottino di guerra seguiti dalla lunga fila dei prigionieri in catene tutti recanti in mano un cero da offrire al Volto Santo ed il Carroccio di Firenze con il gonfalone fiorentino appeso a rovescio e con la campanella privata del batacchio. Infine, veniva lui: Castruccio, il vincitore di Firenze! Sedeva su un trono al centro di un carro tirato da quattro cavalli bianchi ed indossava la sua armatura migliore. Giunto di fronte al Duomo si inginocchiò di fronte al Vescovo che era uscito a benedirlo dopodiché volle entrare in chiesa per recarsi a pregare di fronte al Volto Santo cui donò buona parte del suo bottino di guerra.

Massimo Baldocchi
Vicario della Compagnia Balestrieri Lucca




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