mercoledì 11 luglio 2018

Papi lucchesi

Mercoledì 11 Luglio 2018 - LUCCA

PAPI LUCCHESI

Pochi sanno che Lucca nell’antichità ha dato i natali a tre Papi: Lucio III della Famiglia lucchese degli Allucingoli eletto nel 1181, Alessandro II milanese di nascita ma lucchese di adozione eletto nel 1061 e Niccolò V nato a Sarzana ma a lungo residente in Lucca.

ALESSANDRO II
Il suo nome era Anselmo da Baggio ed era nato a Milano ma si era trasferito giovanissimo a Lucca dove aveva intrapreso la carriera ecclesiastica diventando Vescovo della città nel 1057. In quegli anni Lucca non aveva ancora conquistato la sua autonomia di Libero Comune ed era quindi ancora sotto il controllo del marchese di Toscana Guelfo (padre della celebre Matilde di Canossa). Uomo di chiesa molto vicino al popolo seppe affrontare e risolvere i contrasti che stavano sorgendo contro il Marchese riuscendo a mantenere la pace all’interno della città. Alla morte del Papa Niccolò II il Conclave decise di scegliere lui come successore al soglio papale e gli fu mandata una delegazione per comunicargli la nomina. La delegazione romana arrivò a Lucca senza trovare Anselmo che si era recato a consacrare la chiesa di S. Quirico in Monticello (odierna Monte San Quirico). L’arrivo dei delegati fu comunque notato e tutto il popolo e le autorità cittadine decisero di andare incontro al novello Papa che fu raggiunto sulla strada del ritorno. Anselmo, che da Papa volle chiamarsi Alessandro II, si fermò sul greto del fiume Serchio dove raccolse un pugno di sabbia e, lanciatola in aria, dichiarò che avrebbe concesso tante indulgenze quanti erano i granelli di quella sabbia a tutti i fedeli che, ogni anno in quel giorno, avessero visitato la chiesa appena consacrata. Purtroppo, il suo mandato non fu facile per i contrasti con l’imperatore che non volle mai riconoscere la sua elezione arrivando a nominare un “suo” Papa nella figura di Onorio II.  Ottone II al comando di un esercito imperiale discese in Italia sino a raggiungere Roma dove si insediò nella Città Leonina da cui però dovette fuggire dopo pochi giorni per il sopraggiungere di un forte esercito guidato da Goffredo di Toscana con il compito di ripristinare in carica il legittimo Papa. Nell’aprile del 1061 Alessandro II rientrava in Roma da cui convocò un Concilio che lanciò una scomunica contro Onorio. Solo nel 1064 fu convocato un nuovo Concilio dove fu trovato un accordo fra i vescovi italiani e quelli tedeschi per porre fine alle lotte e riconoscere definitivamente Alessandro II come unico Papa.  Finalmente   Alessandro poté svolgere il suo mandato sino al 1073 grazie anche ai buoni rapporti che aveva con Matilde di Canossa da lui conosciuta sin da bambina.  Nel decennio in cui fu Papa non volle comunque lasciare la sua carica di Vescovo di Lucca di cui si interessò sempre arrivando ad essere il promotore della costruzione del nuovo Duomo di san Martino (1070). Concesse molti privilegi alla sua città autorizzando i suoi governanti a poter usare, nei diplomi, il suo sigillo plumbeo raffigurante l’effige di San Pietro e di San Martino. Il suo pontificato riportò la chiesa di Roma nel contesto europeo in quanto seppe svolgere un’attenta opera di riavvicinamento ai singoli regni inviando il vessillo papale al duca normanno Guglielmo nella campagna contro gli inglesi e al re di Spagna nella conquista della Sicilia araba.
Morì a Roma il 21 aprile del 1073 e fu sepolto nella Basilica lateranense.

LUCIO III
Cittadino lucchese della nobile famiglia Allucingoli (che aveva le sue case vicino a Piazza Bernardini) Ubaldo Allucingoli fu eletto a Velletri dopo la morte del papa Alessandro III il 6 settembre del 1181. Come cardinale e messo papale aveva svolto molte missioni presso l’Imperatore Federico Barbarossa che appunto lo stimava molto sia per le doti umane che per quelle politiche.
Durante il pontificato poté risiedere solo un anno a Roma a causa dei contrasti con i cittadini che aspiravano a raggiunger la libertà comunale. Altra discordia si ebbe per la conquista del castello di Tuscolo di cui i romani volevano impossessarsi mentre il Papa lo riteneva proprio e per questo chiamò Cristiano di Magonza che sgominò gli assedianti. I romani non gradirono l’azione dimostrando un vero odio contro tutto il clero al punto che arrivarono a catturare un certo numero di preti, e dopo averli accecati tutti, li caricarono bendati su degli asini rimandandoli dal Papa. Lucio, visti i rapporti con il popolo fuggì da Roma rifugiandosi a Verona. Qui ebbe altri contrasti con l’imperatore Barbarossa cui chiedeva la restituzione dell’eredità di Matilde di Canossa che il Vaticano voleva per sé mentre l’Imperatore non ne voleva sapere. Nel 1180 fu il principale artefice dell’editto di Costanza in cui si bandivano dalla Chiesa i Catari ed i Valdesi.
Morì a Verona il 25 novembre 1185 e fu sepolto nel Duomo della città.

NICCOLÒ V
Tommaso Parentucelli, nato probabilmente a Sarzana il 15 novembre 1397. Addottoratosi in teologia all'università di Bologna, salì presto verso i più alti gradi della carriera ecclesiastica divenendo, vescovo di Bologna e poi cardinale, oltre che per la sua larga cultura anche per le doti di abilità e di tatto che erano precipue del suo temperamento. Diplomatico finissimo e di spiriti concilianti, egli si preoccupò subito di porre termine allo scisma che dilaniava la Chiesa avviando trattative con Luigi duca di Savoia per l'abdicazione alla tiara di suo padre Amedeo VIII, l'antipapa Felice V. E riuscì pienamente nell'intento, facendo leva da una parte, per mezzo del re Carlo VII di Francia, sull'ambizione di Luigi di Savoia che drizzava le sue aspirazioni verso Milano e aveva bisogno perciò dell'aiuto francese, dall'altra sulla sottomissione dei principi e della chiesa tedeschi coi quali venne a un accordo, col concordato di Vienna del 17 febbraio 1448, intorno all'annosa questione della collazione dei benefici ecclesiastici. Così il 7 aprile 1449 Felice V rinunciava spontaneamente al papato, e con la sua rinuncia la Chiesa, dopo circa settant'anni di scisma, riconquistava la sua unità. N. non volle approfittare della vittoria: Amedeo VIII fu creato cardinale vescovo di Sabina e ricolmato di onori e di privilegi, i padri del concilio di Basilea furono assolti da tutte le censure e confermati nei loro benefici, e il pontefice poté sperare di giungere in breve a quella piena restaurazione dell'autorità della Chiesa, che era indispensabile per attuare l'ideale, ch'egli sempre perseguì, di un regno pacifico e sereno, allietato dal fasto e dal culto delle lettere e delle arti. Poiché la pace fu veramente una delle sue aspirazioni predominanti. Ma la pace di cui si preoccupò fu molte volte esteriore e ottenuta solo temporaneamente a prezzo di espedienti diplomatici. In fondo, nel suo stesso spirito di conciliazione si celava spesso un certo atteggiamento di agnosticismo di fronte ai tradizionali ideali religiosi e politici del papato. Ciò spiega, per es., il favore dato al Valla e al Poggio, spiritualmente ormai in piena opposizione con la Chiesa, l'indulgenza verso S. Porcari nel 1447 e nel 1450, e l'incomprensione dei suoi ideali, l'indifferenza di fronte alla caduta di Costantinopoli. Massimi interessi del suo spirito erano invece quelli proprî dell'umanesimo erudito e cortigiano: il culto delle antiche lettere, il ciceronianismo, l’otium cum dignitate, l'amore per la ricchezza, il favore dato alle arti. Non che mancassero del tutto durante il suo regno anche i segni dell'attività di quella corrente dell'umanesimo che mirava a un profondo rinnovamento della Chiesa e della vita cristiana: il cardinale Niccolò da Cusa fu inviato, p. es., nei territori dell'impero per restaurare l'ordine e la disciplina ecclesiastica, sconvolti durante il grande scisma; Giovanni da Capistrano andò come legato quasi a evangelizzare di nuovo la Germania meridionale, l'Austria e la Moravia; nel giubileo del 1450 venne solennemente innalzato agli onori degli altari S. Bernardino da Siena. Ma N. V è anche il papa che non esitò, di fronte alle necessità di danaro per i suoi grandiosi progetti edilizî, a vendere le indulgenze in Germania e in Francia, sì che egli ci appare più come precursore di Leone X che non di Adriano VI o di Paolo IV.
Anche con l'impero seguì una politica di conciliazione e di compromesso, aderendo, alla fine, al desiderio che Federico III aveva più volte espresso di essere coronato, e la cerimonia avvenne senza incidenti, a Roma, il 17 marzo 1452, quantunque i rapporti tra i due poteri rimanessero, poi, sempre avvolti in un'aura di reciproca diffidenza.
Più fortunata fu l'opera di N. V, nel riordinare lo stato della Chiesa, che sotto il suo governo godette di un periodo di vera prosperità. I nobili più riottosi furono attirati verso la Chiesa con la concessione di vicariati, dovunque fu ristabilito l'ordine e la sicurezza; perfino Bologna, sempre fiera della sua indipendenza, si sottomise il 24 agosto 1447 al pontefice, che vi inviò come governatore il cardinale Bessarione. Ma la congiura del gennaio 1453 di Stefano Porcari che egli aveva già perdonato due volte e nel 1450 aveva inviato in non duro esilio a Bologna, infranse completamente le illusioni e le nostalgie di pace di N. V, sì che il suo animo s'inasprì ed egli infierì nelle condanne e nelle esecuzioni. D'allora in poi il pontefice cadde in uno stato di tristezza e di diffidenza da cui non si rilevò più fino alla morte, avvenuta nella notte tra il 24 e il 25 marzo del 1455.
Il suo amore per le arti e per le lettere fa di lui il primo papa del Rinascimento. E appunto sotto questo aspetto il papato di N. ha un'importanza veramente considerevole nella storia della cultura. Egli si circondò di eruditi e umanisti, ai quali concesse favori, uffici e pensioni, senza preoccuparsi eccessivamente né dei loro atteggiamenti spirituali né dei loro costumi. Leon Battista Alberti, Giannozzo Manetti, Vespasiano da Bisticci, il Marsuppini, il Filelfo, il Decembrio, Giorgio da Trebisonda, Lorenzo Valla, Poggio Bracciolini ebbero larga accoglienza alla sua corte. Il papa profuse tesori per raccogliere manoscritti e la sua biblioteca ricca di circa un migliaio di codici, costituì il primo nucleo di quella che fu poi la Biblioteca Vaticana. Ma, oltre a manoscritti, il pontefice comprava anche gioielli, opere d'arte, paramenti fastosi, sete e damaschi di valore, mobili di lusso. I migliori artisti del tempo furono invitati a Roma: il Beato Angelico, Piero della Francesca, Andrea del Castagno, Benedetto Buonfigli di Perugia. Il Vaticano, la basilica di S. Pietro e le principali chiese di Roma furono restaurate; il quartiere dei Borghi fu completamente ricostruito; a N. pure si deve la fontana di Trevi, poi rifatta da N. Salvi.

Massimo Baldocchi
Vicario della Compagnia Balestrieri Lucca

LUCIO III

Stemma di LUCIO III

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